Scampia, nord est della grande Napoli,
Scampia città dell’arte contemporanea, città dalle mille risorse creative,
orizzonte di ricerca del cambiamento relazionale e sociale da tempo in atto
attraverso le esperienze radicatesi nel territorio e diramatesi come un fiume
carsico nei luoghi che ospitano installazioni, opere site specific, murales,
oltre naturalmente a singoli quadri, sculture, collages e libri d’artista. Cosi
la viviamo in questo settimo Simposio, così intendiamo il nostro “contratto”,
che si rinnova ogni anno, con la città.
È arte quando la mano, la testa e il
cuore dell’uomo vanno insieme e innescano mutamenti dello scenario del
presente; una fluidità intersoggettiva lega la poetica di ogni artista a una
possibile ricerca di quella bellezza che ciascuno di noi ha intorno a sé, tanto
più “grande” in quanto ferita ed esposta alla furia distruttiva
dell’indifferenza.
Pittori, scultori, fotografi,
performers, poeti (“Scrivo perché non so disegnare”, titola così la sua poesia
Emanuele Cerullo nato e cresciuto a Scampia) realizzano qui nel corso di
laboratori permanenti aperti, numerose opere; dall’idea iniziale, attraverso la
manipolazione stessa dei materiali, la creazione di installazioni, la
composizione di un quadro, l’inquadratura di una foto e così via si producono
stratificazioni, interazioni, metamorfosi e slittamenti di senso… la visione di
ogni artista si concentra sul proprio percorso, sul proprio mondo di
sperimentazione mai limitando le componenti emozionali senza le quali nessun
progetto può essere tramite comunicativo tra l’artista, l’opera e il pubblico,
la comunità che di questo progetto è parte attiva.
Raramente, come in occasione di questo
Simposio, si crea una tensione positiva, un circolo virtuoso tra i tre
soggetti/oggetti, se così si può dire, dove ognuno fa la sua parte, dove
convergono in un unico flusso linguaggi, saperi creativi di diversa radice. È
così che i dieci artisti presenti al settimo Simposio intendono il senso del
loro lavoro realizzato a CasArcobaleno, sede della cooperativa Occhi Aperti. Alessandro
Albertin prende spunto nei suoi scatti da una realtà urbana lontana e
caotica, Pechino, dove ogni cosa ne nasconde un’altra in una sorta di rete
ambigua; egli trasferisce nell’immagine una tensione e un desiderio di
rispondenza tra ciò che è dentro e ciò che è fuori di noi.
Gabriela Alonso, artista argentina, documenta nella
sua performance il tema della casa, del senso dell’abitare un luogo carico di
sogni, di conflitti, di attese, il luogo deputato alla cura, alla manutenzione
degli affetti. Le immagini di Fabio Cito sono il racconto dello
svolgersi del Simposio di Scampia; con uno sguardo consapevole e commosso il
fotografo napoletano mette a fuoco gli aspetti quotidiani di una realtà che
spesso mina alle radici il formarsi della propria identità di uomo e di
artista. Maurizio Follin ha inviato, racchiuse in una scatola
artisticamente ricavata da un pacchetto di sigarette, tessere colorate a
comporre un’immagine emblematica di uno stato d’animo. Mor Talla Seck,
di origine senegalese, porta a Scampia la sua Africa in varie opere: nei due
dittici pittura e scultura si contaminano in una sorta di bassorilievo, in cui
i migranti e le barche spezzate e arenate sulla spiaggia del colore ocra della
sua terra ci rammentano un comune destino, e una scultura sonora, una sorta di
baobab “nostrano”, accessibile alle mani di chi voglia coglierne i frutti. Antonella
Prota Giurleo così ci presenta i suoi libri d’artista e il collage Napoli
mondo: “recuperare, restituire vita, realtà, memoria a ciò che è superfluo,
destinato ai rifiuti, attraverso la tecnica del collage e la forma del
quadrato, la più antica rappresentazione simbolica della terra, è il cuore
della mia poetica.
E anche i colori che utilizzo oro,
rosso, viola indicano la preziosità delle relazioni”. Gianluca Raro,
artista di murales, ha creato con la sua “rigogliosa” pittura su muro
un’orizzonte di prospettiva di vita per chi abita questa città, per il pianeta,
grande nostro bene comune. Domenico Severino alterna una pittura di
sapore metafisico, in cui prospettiva e sensibilità colorista sono fortemente
improntate al tema della difesa della natura,
al collage, alle suggestioni dell’arte digitale; Enza Tamborra, nelle
sue fotografie, fa luce e racconto delle buone pratiche delle donne di Scampia,
di chi accudisce, accoglie, nutre, linfa del territorio, occasione d’amore.
Questo percorso comune di tanti attori coinvolti attraverso il corpo delle loro
opere, del loro lavoro quotidiano al Simposio, vuole essere soprattutto una
sfida alle miserie di quella parte di pubblica opinione, di una certa retorica
del pensiero che sfocia, soprattutto per questa realtà, nella produzione di
stereotipi negativi e consunti.
Cristina Rossi
6 luglio 2015
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