martedì 14 luglio 2015

Com’è contemporanea Scampia


Scampia, nord est della grande Napoli, Scampia città dell’arte con­temporanea, città dalle mille risorse creative, orizzonte di ricerca del cambiamento relazionale e sociale da tempo in atto attraverso le esperienze radicatesi nel territorio e diramatesi come un fiume carsico nei luoghi che ospitano installazioni, opere site specific, mu­rales, oltre naturalmente a singoli quadri, sculture, collages e libri d’artista. Cosi la viviamo in questo settimo Simposio, così inten­diamo il nostro “contratto”, che si rinnova ogni anno, con la città.
È arte quando la mano, la testa e il cuore dell’uomo vanno insieme e innescano mutamenti dello scenario del presente; una fluidità in­tersoggettiva lega la poetica di ogni artista a una possibile ricerca di quella bellezza che ciascuno di noi ha intorno a sé, tanto più “gran­de” in quanto ferita ed esposta alla furia distruttiva dell’indifferenza.
Pittori, scultori, fotografi, performers, poeti (“Scrivo perché non so disegnare”, titola così la sua poesia Emanuele Cerullo nato e cre­sciuto a Scampia) realizzano qui nel corso di laboratori permanenti aperti, numerose opere; dall’idea iniziale, attraverso la manipolazio­ne stessa dei materiali, la creazione di installazioni, la composizione di un quadro, l’inquadratura di una foto e così via si producono stratificazioni, interazioni, metamorfosi e slittamenti di senso… la visione di ogni artista si concentra sul proprio percorso, sul proprio mondo di sperimentazione mai limitando le componenti emozio­nali senza le quali nessun progetto può essere tramite comunicativo tra l’artista, l’opera e il pubblico, la comunità che di questo progetto è parte attiva.
Raramente, come in occasione di questo Simposio, si crea una ten­sione positiva, un circolo virtuoso tra i tre soggetti/oggetti, se così si può dire, dove ognuno fa la sua parte, dove convergono in un unico flusso linguaggi, saperi creativi di diversa radice. È così che i dieci artisti presenti al settimo Simposio intendono il senso del loro lavoro realizzato a CasArcobaleno, sede della coope­rativa Occhi Aperti. Alessandro Albertin prende spunto nei suoi scatti da una realtà urbana lontana e caotica, Pechino, dove ogni cosa ne nasconde un’altra in una sorta di rete ambigua; egli trasfe­risce nell’immagine una tensione e un desiderio di rispondenza tra ciò che è dentro e ciò che è fuori di noi.
Gabriela Alonso, artista argentina, documenta nella sua perfor­mance il tema della casa, del senso dell’abitare un luogo carico di sogni, di conflitti, di attese, il luogo deputato alla cura, alla manu­tenzione degli affetti. Le immagini di Fabio Cito sono il racconto dello svolgersi del Simposio di Scampia; con uno sguardo consape­vole e commosso il fotografo napoletano mette a fuoco gli aspetti quotidiani di una realtà che spesso mina alle radici il formarsi della propria identità di uomo e di artista. Maurizio Follin ha inviato, racchiuse in una scatola artisticamente ricavata da un pacchetto di sigarette, tessere colorate a comporre un’immagine emblematica di uno stato d’animo. Mor Talla Seck, di origine senegalese, porta a Scampia la sua Africa in varie opere: nei due dittici pittura e scultura si contaminano in una sorta di bassorilievo, in cui i migranti e le bar­che spezzate e arenate sulla spiaggia del colore ocra della sua terra ci rammentano un comune destino, e una scultura sonora, una sorta di baobab “nostrano”, accessibile alle mani di chi voglia coglierne i frutti. Antonella Prota Giurleo così ci presenta i suoi libri d’artista e il collage Napoli mondo: “recuperare, restituire vita, realtà, memoria a ciò che è superfluo, destinato ai rifiuti, attraverso la tecnica del collage e la forma del quadrato, la più antica rappresentazione sim­bolica della terra, è il cuore della mia poetica.
E anche i colori che utilizzo oro, rosso, viola indicano la preziosità delle relazioni”. Gianluca Raro, artista di murales, ha creato con la sua “rigogliosa” pittura su muro un’orizzonte di prospettiva di vita per chi abita questa città, per il pianeta, grande nostro bene comu­ne. Domenico Severino alterna una pittura di sapore metafisico, in cui prospettiva e sensibilità colorista sono fortemente improntate al tema della difesa della natura, al collage, alle suggestioni dell’arte digitale; Enza Tamborra, nelle sue fotografie, fa luce e racconto delle buone pratiche delle donne di Scampia, di chi accudisce, acco­glie, nutre, linfa del territorio, occasione d’amore. Questo percorso comune di tanti attori coinvolti attraverso il corpo delle loro opere, del loro lavoro quotidiano al Simposio, vuole essere soprattutto una sfida alle miserie di quella parte di pubblica opinione, di una certa retorica del pensiero che sfocia, soprattutto per questa realtà, nella produzione di stereotipi negativi e consunti.

Cristina Rossi

6 luglio 2015

Nessun commento:

Posta un commento